In questa calda giornata d'inizio luglio, vogliamo proporvi una piccolissima selezione della rubrica che Michele Serra tiene quotidianamente su La Repubblica.
Perché a volte non ci vogliono tante parole per esprimere appieno dei concetti e per ispirare riflessioni nei propri lettori...
Perché a volte non ci vogliono tante parole per esprimere appieno dei concetti e per ispirare riflessioni nei propri lettori...
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Ieri, lunedì 30 maggio 2011, verso le quattro del
pomeriggio, sono finiti per sempre gli anni Ottanta italiani, il decennio più
lungo della storia del mondo.
È finita la politica del cerone e delle facce
rifatte, delle convention, delle escort,
delle olgettine, degli spot, della
tivù dei telegatti e delle cerimonie di corte,
dell' edonismo fintoallegro,
dell' ignoranza caciarona spacciata per genuinità popolare (ingannando
atrocemente il popolo).
È finita la fiction. Quello che verrà dopo, non lo
sappiamo.
Ma sappiamo, finalmente, che un dopo esiste, e questo bastava, a
Milano e altrove, per abbracciarsi con gli occhi pieni di benedette lacrime.
Voglio dedicare questo giorno di felicità e di liberazione ai due o trecento
ragazzini salariati che ho incontrato in piazza del Duomo al comizio di
chiusura della Moratti: facevano pensare a una vecchia canzone di Gaber:
"Non sanno se ridere o piangere, batton le mani".
Il set che, di qui
in poi, verrà inesorabilmente smontato era anche il loro set. Vorrei tanto che anche
per loro cambiasse qualcosa.
Io vengo da una famiglia di destra, e non era una
destra così triste. Era una destra onesta, silenziosa, sobria, borghese. È
stato un bel luogo dove crescere, e un bel luogo dal quale fuggire verso la mia
vita. Quello che Berlusconi ha fatto alla destra italiana è spaventoso. Non gli
potrà mai essere perdonato.
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Cantare in coro con i tifosi "Leonardo uomo di merda", come ha
fatto uno degli uomini simboli del Milan e del calcio italiano, Rino Gattuso,
fa parte dei festeggiamenti di uno scudetto?
Il calcio italiano ne sta
discutendo con la consueta ipocrisia (il presidente del Milan Galliani ha
definito quel coro "una ragazzata") e comunque senza grandi
possibilità di venirnea capo, avendo già disceso, e di parecchi gradini, la
scala della decenza.
La confusione-collusione tra curve ultras e calciatori è uno
dei fenomeni degenerativi più gravi, e in fondo assomiglia molto alla
confusione-collusione tra eletti ed elettori.
Se fior di ministri usano lo
stesso frasario di un ubriaco al bar e un calciatore intona gli stessi cori
della teppa fanatica, vuol dire che il concetto stesso di "classe
dirigente" è andato a farsi benedire.
I calciatori che vanno a esultare
solo sotto le curve (come se non pagassero il biglietto, e non gioissero con
loro, anche gli altri settori dello stadio) sono pari ai demagoghi che ci
governano.
Non si sentono depositari di alcuna esemplarità, di alcun vincolo di
stile e di sportività, vivono per l'applauso delle loro tribù e finiscono per
somigliare ai peggiori buzzurri che funestano gli stadi. Si sa che diventare
ricchi non equivale a diventare signori.
Ma la possibilità ci sarebbe, perfino
per Gattuso: basterebbe sentire come parlava, e come si portava, circa cento
secoli fa, un milanista molto più importante di lui, Gianni Rivera.
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Avrei bisogno anche io di un «decreto interpretativo»
che mi chiarisse, finalmente, perché ho sempre pagato le tasse.
Perché passo
con il verde e mi fermo con il rosso.
Perché pago di tasca mia viaggi, case,
automobili, alberghi.
Perché non ho un corista vaticano di fiducia che mi
fornisca il listino aggiornato delle mignotte o dei mignotti.
Perché se un
tribunale mi convoca (ai giornalisti capita) non ho legittimi impedimenti da
opporre.
Perché pago un garage per metterci la macchina invece di lasciarla sul
marciapiede in divieto di sosta come la metà dei miei vicini di casa.
Perché
considero ovvio rilasciare fattura se nei negozi devo insistere per avere la
ricevuta fiscale.
Perché devo spiegare a chi mi chiede sbalordito «ma le serve
la ricevuta?» che non è che serva a me, serve alla legge.
Perché non ho mai
dovuto condonare un fico secco.
Perché non ho mai avuto capitali all'estero.
Perché non ho un sottobanco, non ho sottofondi, non ho sottintesi, e se mi
intercettano il peggio che possono dire è che sparo cazzate al telefono.
Io -
insieme a qualche altro milione di italiani - sono l' incarnazione di un'
anomalia. Rappresento l' inspiegabile.
Dunque avrei bisogno di un decreto
interpretativo ad personam che chiarisse perché sono così imbecille da credere
ancora nelle leggi e nello Stato.
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